Difficile scrivere la recensione di un libro scritto da una amica, una mentore, quale è Maria Cristina Lavazza. Ed i miei lettori devono sapere che questa è una recensione di parte. Con Maria Cristina Lavazza ho tante cose in comune, tra l’altro come ci ricordiamo spesso, curiosità e attenzione per le persone.
Radical collaboration è il suo secondo libro e se non lo avete ancora fatto, anche se di qualche anno fa, vi consiglio il suo primo libro, Comunicare la UX, che è stato tra i miei primi libri di formazione.
Un consiglio di parte
Inutile cercare di mascherare la stima che ho di Maria Cristina e mi pare superfluo consigliare questo libro. Ma tre motivi per farlo ve li voglio scrivere:
- Si tratta di un manuale. Si tratta di un manuale pratico che insegna un metodo per creare il giusto contesto per collaborare.
- Va oltre la manualistica. Questo libro mette in luce gli aspetti teorici e strategici della collaborazione.
- Grazie a questo testo si entrare in relazione con Maria Cristina Lavazza. Poter condividere il suo pensiero, poter parlare con lei di UX, credo che valga molto di più del prezzo del libro.
Cos’è la Radical collaboration
Innanzitutto è necessario chiarire cosa sia la Radical Collaboration che si basa su un principio chiave del Design Thinking. Parla di co-creazione e si ispira al desiderio di apprendere, offrire e abbracciare prospettive diverse all’interno dei processi di risoluzione dei problemi, generazione di idee, ricerca di soluzioni e innovazione.
Insomma, invita persone di diversa estrazione, con diverse abilità e preferenze di pensiero, ad unirsi per sviluppare soluzioni centrate sull’uomo.
Si presuppone che chi fa parte di queste comunità collaborative, che possono essere pensatori creativi, artisti, strateghi, professionisti qualificati, accademici siano persone che aggiungono valore alla vita di coloro che li circonda.
Il design thinking
Mi pare interessante riprendere quanto scrive Nicolò Mantini a riguardo.
Il design thinking è un processo iterativo in cui prosperiamo per comprendere il dolore dell’utente, mettere in discussione le ipotesi, ridefinire i problemi, al fine di creare nuove strategie e soluzioni.
Contro il “Brainstorming”, il design thinking promuove il “Painstorming”, per comprendere appieno il dolore dell’utente.
Secondo Tim Brown, CEO di IDEO: “Il design thinking è un approccio all’innovazione incentrato sull’uomo che attinge dalla cassetta degli attrezzi del designer per integrare i bisogni delle persone, le possibilità della tecnologia e i requisiti per il successo aziendale”.
Radical Collaboration di Maria Cristina Lavazza
Il sottotitolo del libro di Maria Cristina è : coinvolgere le persone nella progettazione di esperienze e servizi.
Si tratta secondo me di un libro che rimette in luce un concetto talmente semplice che è tanto complesso da comprendere. Spesso voliamo alto e dimentichiamo le basi. Radical collaboration sottolinea il cambio radicale che da dieci anni a questa parte è stato sottolineato a tratti da molti designer.
Il progettista non può essere più il capo solitario al comando e che nessun progettista è l’utente medio (che tra l’altro non esiste).
La ricerca di innovazione, l’applicazione dei metodi, non basta. C’è bisogno di capire le persone, di parlare con loro e, come testimonia questo blog, di ascoltarle senza pregiudizi.
Scrive Maria Cristina Lavazza
La collaborazione radicale nel design di servizi ed esperienze è una risposta possibile a sistemi sempre più complessi.
E mi piace molto questa definizione di risposta possibile, perché questo è il tempo delle risposte possibili e non delle soluzioni assolute.
Radical collaboration: un manuale per il design collaborativo
Come ci racconta la stessa Maria Cristina, questo libro arriva dopo un po’ di anni fatto di esperienze e riflessioni, un libro sulle persone e per le persone. E personalmente sono felice che di alcune di quelle esperienze, come discente, ne ho fatto parte pure io.
Un libro per chi progetta prodotti, servizi e sistemi che, indipendentemente dall’oggetto, sono in grado di cambiare la vita delle persone.
Radical collaboration è un testo molto pratico che orienta a realizzare la collaborazione tra le persone che siano interne al progetto, ma anche soprattutto fruitrici del prodotto finale. Al di là delle definizioni e dei ruoli professionali la collaborazione rappresenta il vero filo conduttore di un nuovo modo di fare design. Un design che supera le dicotomie e le differenti definizioni (UX design, Service design, Design thinking o Human centered design) per concentrarsi esclusivamente sull’essenza stessa del concetto di design.
Responsabilità
Maria Cristina ritorna spesso sulla responsabilità come valore dell’architettura dell’informazione. Ci è ritornata pure durante l’intervista che mi ha fatto.
Maria Cristina pone l’accento sul ruolo dei progettisti.
Questo ruolo comporta una profonda responsabilità nel processo di creazione che ha bisogno di condivisione e partecipazione da parte di tutti i portatori di valore all’interno del progetto.
Per un nuovo modo di fare design, sempre più umano e innovativo.
Le mie idee sulla Radical collaboration
Maria Cristina Lavazza ci dice che la materia umana, quella che vogliamo guidare, quella che vogliamo rendere migliore, migliorando la loro vita digitale, è materia da maneggiare con cura.
Radica collaboration è la prova che per Maria Cristina Lavazza la collaborazione è uno stile di vita.
Anche se non è facile. Ammetto, per esempio, che ogni tanto anch’io sono assalito da qualche dubbio. L’elaborazione di un articolo, di un pensiero, di un corso, richiede fatica. Questa fatica viene risparmiata a chi fruisce di questii contenuti. Ma quando parlo con Maria Cristina tutto svanisce. Lei mi trasmette il suo essere generosi e la sua fiducia nelle persone sempre.
Collabora o lascia stare
In base alla mia esperienza, è necessario sempre collaborare e in modo sempre più radicale. Pensare di fare da soli, pensare solo di impartire ordini, indicare vie assolute, che sia fatto in modo dittatoriale, da boss o da leader, è ormai metodo vecchio e improduttivo.
Oggi, nel momento in cui le conoscenze sono condivise, non uno può seguire il tutto. A ciascuno spetta il dovere di portare il proprio contributo. Più si è, meglio è; a patto che tutti facciano il loro meglio, diano tutto quel che possono, ciascuno al suo posto, senza arrivismi o voglie di prevaricazione.
Spesso è difficile, perché richiede atti di estrema umiltà che si vedono sempre meno spesso.
Radical collaboration indice e prefazione
Coinvolgere le persone nella progettazione di esperienze e servizi
Introduzione
Cap.1
La collaborazione radicale
Cosa è la collaborazione radicale
I significati della collaborazione
Le persone come valore
Cap. 2
Progettare la collaborazione
Analizzare lo scenario
Quando coinvolgere le persone
Chi coinvolgere
Valutare le persone e il contesto
Solo attività per le persone
Cap. 3
Programmare le attività
Il coinvolgimento del committente
La selezione dei partecipanti
Il planning delle attività
La documentazione a supporto
Cap. 4
Mettere in pratica la collaborazione
Le sessioni collaborative
Gestire le attività
Introduzione
Gestione
Sintesi
Presentare e condividere
Cap. 5
Il designer collaborativo
Il ruolo del designer
Gli skill del nuovo designer
I “mai più senza”
Cap. 6
Strumenti e tecniche
Scegliere il laboratorio
Attività per riscaldare
coinvolgere
esplorare
definire
ideare
scegliere
validare
Esempi e modelli
- Scheda attività
- Descrizione attività
- Planning attività
- Guida del facilitatore
- Esempio canvas
- Autorizzazione della privacy
Prefazione di Roberta Tassi
Traggo alcuni brani dalla prefazione di Roberta Tassi che coglie alcuni elementi che condivido e che riporto.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a un’esplosione senza precedenti della richiesta di progettazione e di progettisti. Design thinking, service design e user experience sono entrati nel vocabolario di molte organizzazioni, pubbliche o private, alla ricerca di una strategia per organizzare la propria offerta tra canali fisici e digitali, soddisfare al meglio le esigenze del proprio pubblico e crescere o riposizionarsi sul mercato.
non è sufficiente applicare alla lettera una serie di strumenti, organizzare sessioni di workshop e ricoprire intere pareti di post-it. E’ come se in questa diffusione accelerata della pratica progettuale avessimo dato per scontato che il metodo sia infallibile, perdendo di vista un pezzo, che in fondo è il più rilevante: la natura umana del progettare.
L’intuizione di Maria Cristina è quella di ricordarci che ciò che accomuna design thinking, service design e user experience design è soprattutto la capacità di lavorare insieme ad altre persone: i colleghi designer, gli stakeholder esterni e interni alle organizzazioni, gli utenti che coinvolgiamo nel processo di progettazione e che beneficeranno delle soluzioni una volta costruite. E’ la collaborazione tra questi individui il vero motore del cambiamento, che permette di interpretare le sfide complesse dei nostri giorni adottando un punto di vista corale e collettivo.
La radical collaboration come mindset
La radical collaboration è prima di tutto un mindset, uno stato mentale in grado di trasformare un approccio in strategia attraverso una serie di attività collaborative in grado di veicolare soluzioni.
Collaborare richiede infatti la capacità di capire gli altri in profondità: l’empatia è una scelta obbligata ma anche una dimensione che rende l’individuo vulnerabile, portandolo a mettere continuamente in discussione sé stesso e il proprio punto di vista. Collaborare richiede inoltre di saper dare concretezza ai ragionamenti, per quanto intangibili: la capacità di sintetizzare e visualizzare concetti astratti diventa fondamentale per gestire la complessità e costruire una base solida per il dialogo.
Collaborare è infine sinonimo di resilienza: la capacità di superare le difficoltà e non temere il fallimento, perché il designer potrà senz’altro essere facilitatore e guida di questo percorso, ma non avrà mai pienamente il controllo di tutte le variabili.
La collaborazione
La collaborazione si presenta quindi come l’unica strada possibile verso una svolta sostenibile, aiutando ogni persona coinvolta a guardare oltre il perimetro del singolo problema da risolvere, valutare con attenzione l’impatto sistemico delle proprie decisioni e utilizzare il dialogo e l’inclusione come risorse di trasformazione. Le sfide sono tante, ma queste pagine sono una palestra perfetta per allenare motivazione e dedizione, prima di mettersi all’opera.
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Grazie
Concludo questa recensione con un immenso senso di gratitudine per Maria Cristina Lavazza. Per la stima che ci scambiamo tutte le volte che ci sentiamo e ci vediamo. Grazie a lei e ad UXUniversity che ha pubblicato il libro.