Quale università scegliere per trovare subito lavoro? Quali saranno i lavori del futuro? Quali le professioni che garantiranno la vostra sussistenza? Fino a qualche anno fa, era possibile fare delle previsioni di questo genere. E bene o male bastava iscriversi all’università per trovare un lavoro adeguato.

Oggi, il mondo del lavoro è profondamente cambiato. E come ripeto spesso, il cambiamento culturale che stiamo vivendo è in corso. Per cui nessuno, oggi, può dire davvero, con certezza, cosa accadrà fra tre o cinque anni, una volta finito il percorso di studi.

E anche quando qualcuno lo sapesse, anche quando qualcuno di vostra fiducia vi consigliasse al meglio, non bisogna mai mettere da parte le proprie capacità intellettive. Bisogna fare i conti con quello che si sa fare, con quello che riusciamo ad imparare e soprattutto con quello che ci piace fare.

Attenzione alle statistiche

Non fatevi fregare dalle statistiche. Scegliete un corso di laurea che vi piace e vi appassiona. Non guardate alle opportunità di lavoro.

I corsi di laurea in testa alla classifica tra quelli che offrono migliori occasioni di occupazione sono:

Facoltà sanitarie (Medicina e Infermieristica);
Ingegneria;
Informatica;
Matematica, Fisica e Statistica.

Se le materie scientifiche come Matematica, Fisica, Chimica, sono materie che in teoria offrono più opportunità di lavoro è anche perché i laureati sono pochissimi. E non sono pochissimi perché si iscrivono poche persone, ma perché la selezione in questi corsi di laurea è rigorosa e severa.

Se non riesci a laurearti e se ti laurei a 40 anni, che senso ha frequentare un corso di laurea?

Se il tuo corso di laurea, invece, ti appassiona e ti laurei nel più breve tempo possibile avrai tante occasioni di fare esperienze e potrai approfittare di molte più opportunità.

Orientamento

Oggi le università mettono a disposizione di studenti e futuri studenti diverse opportunità di orientamento. Per le Università, lo studente è un prodotto da acquisire (conquistare), anche con finte illusioni, e da trasformare in un altro prodotto, il laureato. Le università rivendono il numero dei laureati ai nuovi iscritti.

Più laureati produce una Università, più ha motivi di vantarsene, più lo Stato invia finanziamenti. Dunque più studenti significano più corsi di laurea e quindi più docenti. L’Università è una fabbrica e oggi la formazione è una delle tante parti dell’ingranaggio.

L’orientamento precede ormai di un paio d’anni l’iscrizione. Ma la riflessione dovrebbe riguardare tutti gli anni del liceo. La famiglia dovrebbe guidare senza imporre. Purtroppo, non ci si pensa o ci si pensa in minima parte. Senza contare che a 16, 17, 18 anni non si è davvero maturi per una scelta di questo genere.

L’Italia da distruggere – La meglio gioventù.

Esperienze

Che poi tre o cinque anni, sono lunghi. Ma soprattutto nei migliori anni della propria vita, dai 18 ai 23/25 anni. Nel mezzo ci saranno amori, delusioni, esperienze di vita, conoscenze, nuove amicizie e tanta voglia di vita, fuori dai libri.

Quello che posso dire, anche per esperienza personale, a chi non ha le idee chiare è di iscriversi ad un corso di laurea più vicino alle proprie attitudini. E di pensare al proprio futuro migliore ma senza troppe ansie.

Fra cinque anni saremo tutti persone davvero diverse. Avere 18, 25 o 30 anni è cosa molto diversa. In questi anni possiamo subire trasformazioni molto profonde e le prospettive di vita cambiano. Non sempre sono le stesse. Non sempre si sarà coerenti. Alla fine di un percorso di studi si capiscono tante cose che prima erano solo confuse.

Accettate l’incertezza e cercate di capire voi stessi, senza essere troppo severi.

Dopo di che, se ci si sbaglia si può sempre cambiare corso di laurea. Non è mai troppo tardi. Si può sbagliare. Meglio cambiare corso di laurea piuttosto che insistere in qualcosa che non piace o in un corso che non si riesce a superare. Basta capire le ragioni delle scelte sbagliate per poter affrontare le scelte giuste.

L’ultima lezione di Randy Paush

Università e lavoro

La scelta dell’università non garantisce di trovare subito lavoro, ma ci sono alcune università che hanno programmi di studio altamente specializzati e partnership con aziende e organizzazioni che possono aiutare gli studenti a fare esperienze lavorative significative e trovare opportunità di lavoro.

Tuttavia, è importante sottolineare che la scelta dell’università giusta dipende anche dalle esigenze e dalle aspirazioni individuali dell’individuo. Ad esempio, se una persona vuole diventare un medico, dovrebbe scegliere un’università con un programma di medicina di alta qualità e accreditato.

In ogni caso, alcune università italiane con programmi di studio altamente specializzati e buone opportunità di lavoro includono la Bocconi di Milano per l’economia, l’Università di Padova per le scienze biologiche e mediche, l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” per le ingegnerie, l’Università degli Studi di Napoli Federico II per l’informatica, e la Scuola Normale Superiore di Pisa per la ricerca scientifica. Tuttavia, ci sono molte altre università che offrono programmi di studio altamente specializzati e buone opportunità di lavoro, quindi è importante fare la ricerca e scegliere l’università che meglio si adatta alle esigenze e alle aspirazioni personali.

Trovare subito lavoro

Oggi una laurea, qualunque laurea, non garantisce a nessuno un lavoro. A meno che non sostituisca il proprio padre, laureato, nell’attività di famiglia. Tanto meno, la laurea garantisce un lavoro adeguato (o ben retribuito) ai propri studi e alle proprie capacità. Ho visto e vedo ottimi laureati che pur trovando lavoro nell’immediato hanno subìto e subiscono le angherie di capi incompetenti e inadeguati.

Sebbene, in Italia, ci siano pochissimi laureati, il mondo del lavoro ancora richiede manovali. Una laurea aiuta, ma il lavoro oggi è una concessione. I datori di lavoro si considerano dei donatori di lavoro. E per quanto in alto si riesca ad arrivare, quello sarà il modo in cui si verrà trattati. Il lavoro stesso è la moneta. Per un lavoro dovresti accettare qualunque cosa.

E poi che significa trovare subito lavoro? Vi fareste operare da un ragazzo il giorno dopo la laurea? Vi fareste difendere in una causa da un neo laureato? Un po’ di gavetta tocca ed è toccata a tutti. Un po’ di sperimentazione sul campo è necessaria a prescindere. Che poi lo stage diventi il lavoro della vita, no. Ma senza esagerare, bisogna trovare i bravi maestri. E trascorrere un po’ di tempo a fare pratica.

Sapere e saper fare

Anna Maria Testa si chiede “Perché dovremmo chiederci che cosa sappiamo fare bene“. Penso che siano da riprendere alcuni suggerimenti utili.

Noi esseri umani facciamo fatica a riconoscere le nostre capacità come tali, dice Business Insider. E aggiunge alcuni suggerimenti interessanti. Il primo è: scrivi tutto quel che sai fare bene su una serie di foglietti, comprese le cose che ti sembrano irrilevanti perché ti vengono facili. Non è per niente detto che siano facili per tutti.

Il secondo suggerimento è: cerca gli schemi, perché è più che probabile che alcune capacità siano correlate. E, infine, raggruppa le capacità in: cose che ti piace fare, cose per fare le quali puoi farti pagare, cose che vuoi saper fare meglio, cose che non fai più da molto tempo.

Il terzo suggerimento è: se nessuna delle capacità che hai elencato c’entra con il tuo lavoro attuale, facci un pensiero. Se invece non ti è venuta in mente neanche mezza capacità, telefona a un amico e domandagli: che cosa sono bravo a fare?
Il risultato di questo esercizio dovrebbe essere un di più di speranza e di consapevolezza. Se funziona, non è niente male.

Personalmente ho sempre amato sapere. La mia curiosità mi spinge a informarmi su qualunque cosa. E ad essere sincero su molte cose, mi bastava questa soddisfazione. Per fortuna o purtroppo, mi sono sempre ritrovato, come in un destino scritto, a dover fare e a dover saper fare. E, insomma, è andata bene.

I mestieri del futuro

Nessuno sa prevedere il futuro. Luca De Biase se lo chiede e lo chiede ai suoi lettori. Si possono osservare le tendenze, i nuovi business emergenti. Ma la certezza che tutto quello che studiamo oggi sia ancor più utile fra 5 anni, non la può dare nessuno.

Certamente ci sarà bisogno di programmatori, di conoscitori di linguaggi di programmazione, per applicazioni e bot. Cose che oggi vorrei saper fare volentieri. Purtroppo, durante la mia carriera scolastica ho avuto professori mediocri. Tutti mi vedevano un ottimo professore di italiano e nessuno mi diede la preparazione adeguata per affrontare le materie scientifiche. Per cui mi laureai in lettere moderne.

Scelta che oggi rivendico e che, per quanto mi riguarda, si è rivelata vincente. La scelta mi ha permesso di realizzare i miei sogni. Grazie alla mia laurea in lettere sono entrato nel mondo della comunicazione. E grazie ai miei studi, alla flessibilità mentale, oggi sono uno splendido architetto dell’informazione.

Discorso di Steve Jobs ai neolaureati.

Abbiamo bisogno di umanisti

Il web è un luogo che va riempito di contenuti, di buoni contenuti soprattutto. Il mondo ha bisogno di umanisti che mettano al centro l’uomo. E checché se ne dica, la lezione umanistica è al momento l’unica che può aiutare a capire l’uomo meglio e a soddisfare i bisogni della gente. Riuscire a mescolare diligentemente un sapere informatico ad un sapere umanistico penso sia un buon compromesso per un futuro migliore.

Ovviamente iscriversi in un corso umanistico non deve essere la scusa per evitare l’uso di strumenti e conoscenze basilari della tecnologia contemporanea.

Poi, come sempre, ci sarà sempre bisogno di medici, infermieri e di ingegneri. Di badanti e di artigiani, adeguati ciascuno ai propri tempi. I progettisti dovranno (o dovrebbero) avere un ruolo più rilevante di quello che hanno oggi. Penso che ci sarà bisogno di tanti analisti o di persone che sappiano leggere e interpretare le analisi fatte dai computer. Però non sempre a ciò di cui ha bisogno una società corrisponde un posto di lavoro adeguato.

Discorso agli studenti.

Quale università scegliere

Quello che consiglierei ad un ragazzo, se me lo chiedesse, è di scegliere con una mentalità aperta. La scelta di un corso di laurea dovrebbe essere generata dalla voglia di voler imparare un mestiere, imparare a fare qualcosa. Magari poi in corso, pensare che tutto ciò che si studia è utile o lo sarà. Dallo studio della Lingua latina alla Storia, alla Matematica.

Non distruggete la vostra creatività, non diventate aridi durante i vostri studi, non permettete ai professori di appiattire i vostri pensieri e prendetevi cura dei professori che invece vi arricchiscono, che vi fanno vedere la loro materia di insegnamento e il mondo con occhi diversi.

La scuola uccide la creatività.

Imparate una disciplina

Il nostro sistema educativo, sebbene ha subito numerose riforme, come dice Sir Ken Robinson, è grosso modo ancora basato su una struttura non adeguata ai tempi. Non che sia del tutto sbagliata. Ma certamente spesso troviamo corsi inadeguati e inappropriati. Dove gli aggiustamenti diventano un’ora in più di matematica ed inglese. E via.

In questo sistema l’importanza dello studio riguarda le singole materie. Bisogna essere bravi in ogni materia. Sia al liceo che all’università, viene indicata una materia da studiare e da approfondire. Più nozioni, formule, date e dati, imparate a memoria, più sarete ritenuti meritevoli.

Quello che un bravo insegnante dovrebbe richiedere (e uno studente dovrebbe fare) è quello di andare un po’ oltre. Sarebbe necessario (più di quanto sarebbe bello) riuscire a trovare professori che spieghino la disciplina o le discipline. Sarebbe necessario far capire l’utilità di quello che si studia, concretizzarlo e attualizzarlo. Insegnare una disciplina significa insegnare a guardare il mondo con una lente ben precisa.

Una disciplina osserva, applica i concetti e le proprie categorie, cerca e trova correlazioni, in base al proprio sapere. Si arriva a questo grado di conoscenza attraverso lo studio delle materie. Non è certo un traguardo immediato. Ma almeno si tracci la linea. Si pensi ai mattoni di una costruzione e non a pietre o macigni da macinare. O peggio ancora a bocconi amari da inghiottire.

Non arrendetevi mai.

Architetura dell’informazione

Purtroppo ad oggi non c’è un corso di laurea completo in architettera dell’informazione. Però ci si può preparare. E rimando al capitolo come diventare architetto dell’informazione.

Per chi mi segue sa che l’architettura dell’informazione è una disciplina che vede il mondo reale e virtuale attraverso la struttura delle cose. Un architetto dell’informazione cerca di andare in profondità.

Personalmente credo in questa disciplina. E sono anche fiducioso che presto sarà riconosciuto a chi pratica l’architettura dell’informazione il giusto ruolo. La progettazione e la capacità di andare in profondità prima o poi sarà premiata dai fatti.

Conclusioni

Wiston Churchill scrisse una volta:

Gli imperi del futuro saranno imperi dell’intelligenza!

Formazione permamente

Qualunque laurea sarete in grado di conseguire, sappiate che dovrete continuare a studiare. Per certi versi si inizia a studiare davvero, proprio dopo la laurea. In fondo durante gli anni universitari, per quanto si approfondiscano certi argomenti, poi si deve mettere nel conto che ci si deve fermare per arrivare preparati all’esame.

Dopo, le vie della conoscenza e della curiosità vi porteranno a spaziare, ad essere più profondi e dettagliati. Senza un esame alle porte che bussa prepotente, la curiosità vi porterà a conoscere informazioni e curiosità che erano superflue per un esame, ma magari utili per il vostro lavoro. Si tratta di avventure nel mondo della conoscenza. Auguro di gustarvi almeno uno di questi momenti. Prima di pensare ad un lavoro subito, pensate ad un momento di studio vero e profondo. Penso sia un momento da sperimentare.

Creatività

E secondo studiate con creatività, allenate la vostra creatività. Non è detto che siate o diventiate creativi, ma potete esercitarvi nell’esserlo. E non vi farà male.

L’intelligenza artificiale non è dietro l’angolo. E se sapete guardare bene la realtà, le paure sono altre. Ma l’automazione si. Tutto quello che può essere automatizzato, che l’uomo produce in serie, è in fase di automazione. Ed oggi non vengono automatizzati solo la creazione di prodotti fisici, ma anche prodotti che possono essere intesi intellettualmente. Per cui solo la creatività salverà il vostro lavoro.

La creatività umana sarà sempre unica. Sviluppare questa capacità potrà aiutare voi e noi tutti.

Guarda oltre.

Il segreto per trovare subito lavoro

Se sei arrivato fin qui voglio condividere un segreto con te che nessuno mi ha mai detto. E che io ho sperimentato sulla mia pelle. Il segreto è che se vuoi trovare subito un lavoro devi avere una rete intorno di persone con cui aver interessi da scambiare. Si può cominciare dalle proprie passioni, dalle proprie comunità di interesse.

Ma alla fine bisogna trovare persone con cui aiutarsi a vicenda. Aiuto di visibilità, di scambio di informazioni, di interessi. Scambio di amicizia, amicizia vera, con un obbiettivo comune condiviso. Da soli non si fa molta strada e si è vulnerabili.

Stare insieme ti mette al sicuro da eventuali attacchi, da momenti di sconforto, che nella vita capitano. Ti mette al sicuro anche dalla concorrenza scorretta di chi fa parte di altre lobby e altri gruppi di interesse. Stare insieme conviene. Trovate la vostra comunità e coltivatela.

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Come ottenere successo nel lavoro

da Toni Fontana | Apr 29, 2019 |

Se avete cercato “Come ottenere il successo nel lavoro” e avete scelto di leggere proprio questo articolo tra i 56.200.000 risultati su Google, ve ne sono profondamente grato.

Insomma, si tratta di un tema seguitissimo dove in tanti scrivono contenuti. Un mito, quello del successo, forse senza sapere bene cosa sia il successo.

Aggiornamento 27 novembre 2021

L’illanguidimento, il tempo e le Cose Che Contano

Di recente, Anna Maria Testa ha scritto un artico dal titolo l’illanguidimento, il tempo e le cose che contano.

Nell’articolo si parla che il sentimento prevalente del 2021 è l’illanguidimento.

“Non si tratta di un vero disagio psichico ma, piuttosto, di un – assai diffuso – senso di stagnazione e di fatica. È, né più né meno, assenza di benessere: come guardare la propria vita attraverso un parabrezza appannato. Una condizione che rimanda a quel grande piano indistinto che si colloca giusto a metà tra le vette dell’entusiasmo e della focalizzazione e le voragini del malessere.”

Abbiamo incorporato l’idea, imperativa, di essere “vincenti” ad ogni costo.

“Qualche volta, invece, la cosa più coraggiosa che si può fare è esattamente questa: smettere, mollare. E, soprattutto, smettere con le cose che in teoria bisognerebbe amare, ma che (ormai, segretamente) ci risultano insopportabili.”

Cose che contano

Leggevo, poi, che, già negli Stati Uniti, ma il fenomeno si sta espandendo anche in Europa, dopo l’esperienza del lockdown e dello stare a casa, così come l’aver sperimentato lo smartworking, molti impiegati e dirigenti stanno mollando. Ossia si stanno licenziando e si trasferiscono in campagna o nella provincia, accettando e cercando lavori meno blasonati e anche manuali, ma che permettono una maggiore presenza in casa e in famiglia.

Insomma, si tratta di persone che hanno avuto una qualche illuminazione, oppure hanno sperimentato una nuova dimensione più umana.

Qualcosa non funziona, qualcosa è andato storto.

Il sogno è diventato incubo

Il digitale era ed è il sogno. Le opportunità dell’internet aprono nuovi orizzonti eppure tutto questo si sta ritorcendo contro come una legge del contrappasso siamo tutti più connessi e sempre più stranamente soli.

Ci sono amici che dicono che se non sono connesse si sentono fuori dal mondo. Si legge sui social di persone che, connesse 24 ore su 24 ore (non spengono mai il computer o lo smartphone), non riescono a dormine, o dormono poche (pochissime) ore a notte.

L’altro giorno seguivo un webinar di uno bravissimo, altrettanto accelerato, che parlava e ascoltava le domande dei partecipanti mentre guardava il telefonino.

Tutti dicono di non sopportare più questo stato delle cose.

Il digitale che sconvolge

Ma davvero il digitale sta sconvolgendo la vita alle persone? Oppure una vita già sconvolta viene amplificata sul web.

Internet e il digitale sono la più grande opportunità conoscitiva che l’essere umano sta avendo nelle mani.

Lo dico attraverso il web e peggio ancora, l’ho scritto sui social, ma senza alcuna presunzione di insegnare qualcosa a qualcuno.

Digital detox

Ma non è il caso di ritornare in sé stessi? Non è il caso di fermarsi un attimo, disattivare le notifiche, spegnere qualunque dispositivo e uscire per fare una passeggiata? Tornare a pagare le bollette alla posta, fare la fila per ore, annoiandosi e magari cogliere lo sguardo di qualche anziano signore che ti racconta una sua storia di vita?

Insomma, forse la fila alla posta potrebbe sembrarti un’esagerazione.

Ma il senso di quello che voglio dire è che forse basta semplicemente annoiarsi.

Quando è stata l’ultima volta che vi siete annoiarti?

Boh, non voglio continuare nel dirvi cosa fare. E non devo essere io a insegnare queste cose. Ma davvero, veder stare male le persone è una sofferenza anche per chi vi sta intorno, che vi vede e vi legge.

Mollare e persistere

Negli anni ci è stato spiegato e raccontato che bisognava persistere per realizzare i nostri sogni. Che bisognava essere competitivi, essere i migliori, vincere, su tutto e su tutti.

Forse oggi qualcosa è cambiato, qualcosa si è rotto.

La concorrenza continua ad essere spietata, ma il mondo del lavoro è sempre peggiore. Il mito di lavorare per le grandi multinazionali, di viaggiare per lavoro, di fare carriera, è diventato un incubo.

E, forse, per far parte dell’Eden, c’è bisogno di altro. Non tutti abbiamo l’intelligenza e le capacità di un genio, non tutti abbiamo le disponibilità economiche per frequentare scuole e circoli che ti accolgano in quell’Eden. Ammesso che esista davvero.

Essere vincenti, essere perdenti?

Ma come già mi chiedevo nell’articolo originale, che trovi di seguito, cosa fosse il successo, mi chiedo anche cosa è per me, per te, per noi, essere vincente?

Cosa significa vincenti? E cosa significa perdenti? O meglio, ancora, cosa crediamo sia essere vincenti o perdenti.

Vincente è giusto? Perdente è sbagliato? Andare a vivere in città è da vincenti? Mollare una città è da perdenti? Emigrare al nord è da vincenti? Ritornare al sud è da perdenti? Emigrare all’estero è da vincenti? Ritornare dalla propria famiglia è da perdenti? Lavorare ad ogni costo e condizione è da vincenti? Dire un no, non farsi sfruttare, è da perdenti? Portare i genitori in casa di cura è da vincenti? Fare il badante ad un parente è da perdenti? Fare famiglia è vincente? Restare single è perdente? Far carriera è vincente? Fare la casalinga o il casalingo è perdente?

E potrei continuare all’infinito, tra le infinite scelte che ciascuna persona sceglie di intraprendere.

Malessere che serpeggia

C’è un malessere che serpeggia. Stanchi da 2 anni di Pandemia e Ansia. Certamente. Questi due anni ha fatto esplodere certe situazioni, ha esasperato i malesseri ed esacerbato gli animi.

Il dato interessante, però, che registro, è che questo malessere era già presente 10 anni fa, nelle voci e nelle storie degli allora ragazzi che oggi sono adulti, che già non credevano nel futuro quando il futuro sarebbe dovuto essere la cosa più bella del mondo.
Immagino che adesso, tra lavori, entusiasmi e delusioni, come è ovvio nella vita, ci credano ancora meno. Anche se spero davvero che siano felici e abbiano trovato il loro posto nel mondo.https://www.youtube.com/embed/oCWs5lmOiwQ?feature=oembed

Teoria della classe disagiata

Cosa succede se un’intera generazione, nata borghese e allevata nella convinzione di poter migliorare – o nella peggiore delle ipotesi mantenere – la propria posizione nella piramide sociale, scopre all’improvviso che i posti sono limitati, che quelli che considerava diritti sono in realtà dei privilegi e che non basteranno né l’impegno né il talento a difenderla dal terribile spettro del declassamento? Cosa succede quando la classe agiata si scopre di colpo disagiata?

La risposta sta davanti ai nostri occhi quotidianamente: un esercito di venti-trenta-quarantenni, decisi a rimandare l’età adulta collezionando titoli di studio e lavori temporanei in attesa che le promesse vengano finalmente mantenute, vittime di una strana «disforia di classe» che li porta a vivere al di sopra dei loro mezzi, a dilapidare i patrimoni familiari per ostentare uno stile di vita che testimoni, almeno in apparenza, la loro appartenenza alla borghesia.

In un percorso che va da Goldoni a Marx e da Keynes a Kafka, leggendo l’economia come fosse letteratura e la letteratura come fosse economia, Raffaele Alberto Ventura formula un’autocritica impietosa di questa classe sociale, «troppo ricca per rinunciare alle proprie aspirazioni, ma troppo povera per realizzarle».

E soprattutto smonta il ruolo delle istituzioni laiche che continuiamo a venerare: la scuola, l’università, l’industria culturale e il social web. Pubblicato in rete nel 2015, “Teoria della classe disagiata” è diventato un piccolo culto carbonaro prima di essere totalmente riveduto e completato per questa prima edizione definitiva.

Qualità della (tua) vita

Personalmente, tengo in conto il concetto di qualità della vita. Cos’è per te la qualità della vita? Vivere accanto al miglior ospedale del mondo con la migliore linea ferroviaria che ti porta anche gratis? Oppure vivere in mezzo al mare con il rischio di morire per una banale ferita?

Tra i due estremi ci sono miliardi di vite, né vincenti, né perdenti, ma vite, vite vissute.
E il problema, forse, non è più mollare o persistere, ma accettare, accettarsi e goderne.

Quale obiettivo?

Forse il commento più bello lo scrive Massimo Crucitti sui social che dice:

La consapevolezza della propria mortalità ci da la misura del valore del nostro tempo.
Oggi è veramente difficile trovare condizioni di una tale necessità, da giustificare scelte obbligate che danneggiano noi e le persone che amiamo.
Il successo di per sé non ha valore, dipende dall’obiettivo.
Allora si può scoprire che la destinazione a volte può trovarsi nel fallimento.
Questo però non deve essere vissuto passivamente, deve essere una scelta nel pieno delle proprie forze.

Come ottenere successo nel lavoro

C’è chi ha una ricetta fatta di punti ben precisi e consiglia a spada tratta cosa fare, come aumentare la Fiducia in Te Stesso o agendo, anche scontrandoti con il fallimento. Oppure dice che bisogna migliorare le tue abilità sociali, allenarsi a ritardare le gratificazioni, dimostrare passione e perseveranza, avere una mentalità aperta, rivalutare la concezione di autenticità.

Come se tutto questo fosse facile e programmabile.

Come ottenere il successo nella vita

Ci sono strategie convenzionali da seguire per fare soldi, come quella di scegliere bene le proprie relazioni. Ma anche strategie non convenzionali di trovare un mentore.

Qualcuno sostiene che ci sia un metodo scientifico che consiste nel lavorare su se stessi, altri spiegano passo passo cosa fare, come prefissarsi degli obiettivi e costruire le proprie abilità verso se stessi e verso gli altri.

Così come qualcuno sostiene che bisogna rispettare delle regole nel lavoro così come nella Vita.

Un bel discorso motivazionale è quello di Ogni maledetta domenica con Al Pacino che insegna come fare rete.

Essere un influencer

Da un po’ di tempo a questa parte pare che essere un influencer, avere migliaia di follower, sia un dovere o la porta su come ottenere successo. Ragazzi e ragazze fanno a gara a mostrare più pelle possibile, al limite del consentito e del blocco dell’account, per un like in più.

Altri si inventano influencer, dichiarano di esserlo come fosse un lavoro, una professione. Peggio, come se il tentativo di diventarlo, sia già il traguardo. Anche a costo di ridicolizzarsi.

Anche quando la loro attività è stato semplicemente quella di acquistare followers e un abbonamento a qualche servizio di bot automatici.

TV e successo

Pasolini non era molto buono con la televisione e vedeva nella voglia di mostrarsi l’omologazione del nuovo fascismo.

La TV negli anni, a forza di reality e grandi fratelli, ci ha spinto a pensare che, in fondo, si può raggiungere il successo anche senza sapere nulla, senza una gran cultura.

Abbiamo confuso il successo con la visibilità. O mi pare che non sia più così chiara la differenza.

Come ottenere il successo?

Tutti alla ricerca del successo. Sempre che si sappia cosa sia il successo. Sempre che il successo fosse uguale per tutti. E fosse l’apparire il più a lungo possibile in qualche schermo più o meno piccolo.

Certo è che il successo è qualcosa che si conquista giorno dopo giorno.

Che cos’è il successo?

Prima di pensare a come ottenere successo pensate a definire bene cos’è il successo. Dovete sapere perfettamente cosa è il successo per voi. Potrebbe essere l’altra faccia della persecuzione. E dunque potrebbe essere tutto o niente.

Ricordate che, in Italia, almeno per la mia esperienza, il gioco è truccato. Ti fanno credere che puoi fare carriera, che prima viene la gavetta e poi arriverà il tuo momento. Ti mostrano storie di successo, vedi altri ragazzi poco più grandi di te già ai posti di comando.

Poi il tempo passa e passa velocemente. Aumenta l’esperienza, aumenta il carico di lavoro, più sei bravo più ti affidano responsabilità, a volte persino responsabilità che non ti spettano. Spesso neppure corrisposte economicamente. Magari hai dato tutto per la carriera, ma anche se arrivi dove volevi arrivare quando sei ad un passo dal vertice, ti manca sempre qualcosa. Ti manca un master, la forza politica, la conoscenza giusta, il sostegno da parte di chi decide. E allora può capitare di restare al varco, senza armi, senza una famiglia. Solo.

Perseveranza

Dobbiamo studiare!

Da architetto dell’informazione, penso che ci occupiamo troppo poco dell’analfabetismo funzionale e dall’analfabetismo di ritorno.

Il successo dunque non sta solo nella carriera. Il successo non è solo raggiungere i vertici nel lavoro. Il successo sta anche nel capire il mondo, nell’avere gli strumenti per interpretare le storie che ci circondano.

Educazione digitale

Abbiamo bisogno di cultura. Non basta saper navigare su un telefonino. Resta il fatto che grandi masse, pur essendo possessori di smartphone e dispositivi vari sono tagliati fuori da una cultura digitale sempre più complessa, in un mondo sempre più difficile da decodificare.

Il quadro appariva già sconfortante anni fa. Quando scrissi l’articolo pensavo di fotografare una situazione. Ma oggi penso che ciascuno di noi deve fare qualcosa. Scrivere, parlarne, rinunciare ad un post, per riproporre questo pezzo.

Riflessioni sul discorso di Obama agli studenti

Nell’estate 2013 il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama dichiarò

“Se pensate che l’istruzione sia costosa, aspettate di vedere quanto può costare l’ignoranza nel ventunesimo secolo”.

La laurea serve?

Oggi più che mai si sente dire sempre che la laurea non serve. Spesso sono chiacchiere da bar, voci di corridoio, ma nessuno si permette di contrariare questa affermazione. Lo dicono anche gli stessi laureati, il giorno stesso della laurea. Sperano nella proprio laurea (molto meno dei loro genitori) ma non ci contano poi molto. D’altronde quanti laureati disoccupati esistono in Italia? E quanti laureati abbiamo visto fare i camerieri e le commesse? Non ci sono i dati ma pare che sia proprio così.

E quindi? A cosa serve la laurea? Il discorso potrebbe degenerare. Se non serve la laurea ,perché dovrebbe servire un diploma? Senza voler esagerare si potrebbe pensare che serve una scuola dell’obbligo, di base, dove imparare a leggere (bene o male) a scrivere (almeno una firma) e a far di conto. “Non ci vorrà mica una laurea?” Tanto che anche gli analfabeti lo sanno fare e i laureati, a volte, no.

Quanti laureati in Italia e in Europa?

Se andiamo a guardare un po’ di dati sul numero di laureati in Italia rispetto alla media europea, scopriamo che tutti questi laureati alla fin fine non ci sono. E che forse di disoccupati ce ne sono di più tra i non laureati che tra i laureati veri e propri.

Infatti, l’Italia risulta tra le ultime nazioni in Europa come percentuale di laureati (Dati Eurostat)

Nel 2004 l’Italia era quartultima tra i 28 stati europei (seguita da Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania). E oggi, dopo un decennio, l’Italia si trova all’ultimo posto in Europa. E se questo non bastasse tra gli obiettivi prefissati dalle singole nazioni per il 2020 quello dell’Italia è di restare ultima. I laureati che hanno un età tra i 30 e i 34 anni in Italia sono poco sopra il 15 % e ci si prefigge nel 2020 di arrivare tra il 26 e il 27% . Un bel 10% in più si potrebbe dire. Peccato che le iscrizioni alle università diminuiscono (a causa della crisi delle famiglie) e gli altri 27 Paesi europei puntano a stare intorno al 40%.

Cosa accade nel mondo

Se guardiamo al mondo globalizzato, l’Europa è ormai periferia del mondo. Basta guardare un semplice TG, ogni tanto, e ascoltare come si muove il Presidente degli Stati Uniti. Il suo sguardo è rivolto a Kim Jon Un, mica ad Angela Merkel a cui neanche stringe la mano.

Il centro del mondo oggi è l’Oriente. E non solo per una questione di popolazione, che potrebbe essere un limite, volendo.

In Corea del sud i giovani con una laurea, di età compresa tra i 25 e i 34 anni (range più ampio rispetto ai dati Eurostat), sfiorano il 60%: la più alta percentuale al mondo. Contro il 40% della media OCSE (L’italia è tra il 15 e il 20%; la metà della media dei paesi avanzati; meno di un terzo della Corea).

Bisogna sottolineare però che la percentuale del 60% è una percentuale a cui stanno iniziando a puntare la maggior parte dei paesi orientali (vedi Vietnam).

Cosa significa Corea?

Se non fosse chiaro cosa significa Corea, forse è più facile capire: Samsung, Hyunday, Lg Electronics, ossia industrie che nei loro settori , oggi, dominano il panorama mondiale.

La Cina per recuperare 50 anni di divario dagli Stati Uniti, in questi anni ha investito 250 miliardi di dollari nell’Istruzione. L’Europa tutta, con il piano Horizon 2020, di cui le migliori università italiane si vantano, sta investendo intorno agli 80 miliardi  entro il 2020.

L’ultima invasione cinese è nel mercato dei laureati – IlGiornale.it

La Cina che sta qua

Ciascuno può pensarla come vuole. Si può pensare ad una invasione o ad una splendida opportunità.

Se guardiamo il problema dalla strada, dal quartiere malfamato dove non si può camminare a piedi dalle sei di pomeriggio in poi, chiudere i porti può avere una sua logica. Ma vista dalla Cina, vista dagli Stati Uniti, quelli che pensiamo essere dei problemi sono davvero piccola cosa.

Se la Cina sta investendo miliardi sui propri laureati, anche i cinesi puntano più di altri a questo traguardo.

I laureati cinesi di seconda generazione, immigrati in Italia, come in tutto il mondo, spesso risultano tra i migliori studenti dei loro corsi di laurea e con almeno tre lingue straniere nel loro bagagliaio culturale (italiano, cinese e ovviamente inglese).

La laurea serve!

Se siete arrivati fin qui, nella lettura, siete sicuramente tra i laureati e tra i più sensibili al tema. E non siete tra coloro a cui è balenato nella mente che una laurea non serve.

Questo post vuole solo far riflettere e pensare. Pensare che non solo la laurea serve, ma che di laureati in Italia ne servirebbero almeno il triplo di quelli che ci sono.

Che poi sulla qualità delle nostre università o della didattica ci sia da discutere è un altro problema.

Ma all’ abbassamento della qualità della didattica (ammesso che ci sia stato per davvero), non è mai corrisposto un aumento del numero di laureati. Anzi! Che ci sia da cambiare il sistema dell’istruzione è anche un altro problema, ma ci sarebbe da aprire altre questioni che non mi competono.

Insomma, come continua Barack Obama nel suo discorso

Testo “se volete il successo dovete studiare”

Obama-discorso agli studentiDownload

“Ragazzi, volete il successo? Dovete studiare!”

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