Quando ho letto l’articolo sulla moderna architettura dell’informazione, ossia di un nuovo approccio alla progettazione AI-first mi ha fatto pensare a quanto l’architettura dell’informazione continui a essere un tema cruciale.

Questo articolo è stato proposto a Jorge Arango quando ha raccontato del suo cambio di direzione professionale verso l’architettura dell’intelligenza. Riprendere l’articolo anche sul mio blog mi è parso un buon modo per ricordare che dietro ogni grande innovazione ci sono sempre solide basi di architettura informativa, anche quando si punta tutto sull’Intelligenza Artificiale.

La progettazione AI-first è difficile

L’autore sottolinea come la progettazione AI-first non sia semplice. Le conversazioni in una chat, di per sé, non bastano a creare un’esperienza completa, perché le persone hanno bisogni molto più articolati di quanto una singola interfaccia conversazionale possa gestire.

Sul blog UXforAI trattiamo i pattern di progettazione AI-first sin dall’inizio. Abbiamo iniziato con una semplice chat usando la prima versione di ChatGPT poi siamo passati all’r1 rabbit e successivamente a “Apps Are Dead”.

Gran parte di ciò che oggi definiamo “AI-first” si basa sulle intefacce conversazionali, e come Jakob Nielsen ha giustamente sottolineato, “la chat è la nuova riga di comando”. È vero che la riga di comando NLP è molto più user-friendly rispetto a quella Linux, ma per la maggior parte dei casi d’uso mirati non basta a creare un’applicazione completa. Anche in applicazioni molto incentrate sulla chat come “AI Girlfriend,” di tanto in tanto c’è bisogno di configurare il proprio nuovo Tamagotchi virtuale, aggiungere vestiti, portarla a cena e fare tutto ciò che serve per la manutenzione e la modifica di un tale compagno virtuale… inclusi i pagamenti in abbonamento e simili… (Non ne so niente, davvero! Sono solo voci maligne, lo giuro!)

Il punto generale è che la chat, da sola, non è un’interfaccia completa per la maggior parte dei casi d’uso, in qualsiasi modo la si consideri. Come discusso diffusamente, il Copilot, implementato di frequente in una barra laterale, non è un’applicazione AI-first. Al massimo è un componente aggiuntivo di pagine esistenti, pensato per offrire consigli e aiuto, ma conserva intatta l’architettura informativa dell’app originaria.

L’architettura dell’informazione è morta?

Nell’ampia sezione dove ci si chiede se l’architettura dell’informazione sia morta, la risposta è che è tutt’altro che finita.

Se ci affidiamo unicamente a una chat, rischiamo di lasciare gli utenti soli nel comprendere cosa fa l’app, e soprattutto nel trarre il massimo valore da essa. È un punto che mi ha colpito, perché spesso dimentichiamo che le persone hanno bisogno di un sistema che suggerisca, indirizzi, proponga percorsi possibili.

Ecco perché, secondo l’autore, l’architettura dell’informazione rimane cruciale. Occorre definire con attenzione come i contenuti sono presentati, quali categorie usare e in che modo guidare chi cerca qualcosa di specifico.

La chat non si adatta a tutti i casi, perché spesso aspetta semplicemente che sia l’utente a fare una domanda, e ciò non è ideale in ogni contesto.

E sebbene i moderni LLM siano molto più bravi a interpretare istruzioni imprecise di qualsiasi computer nella storia umana, a volte serve un set prestabilito di query e punti di partenza per capire cosa sta succedendo nell’app. Ciò è particolarmente importante nel mondo digitale, dove non abbiamo contesto ambientale e non condividiamo alcuna storia pregressa con l’agente AI.

In altre parole:

Per fare AI-first nel modo giusto, serve l’Architettura dell’Informazione.

L’IA è morta, lunga vita all’IA!

La conclusione, che recita “IA è morta, lunga vita all’IA!”, ribadisce il concetto chiave. Non stiamo uccidendo l’architettura dell’informazione, anzi, la stiamo trasformando in qualcosa di ancora più ricco e potente grazie alla progettazione AI first. L’invito è a non scartare tutto il bagaglio di metodi e conoscenze già acquisiti, ma a reinterpretarlo in modo nuovo.

Il testo mi ha lasciato con la sensazione che, in un mondo che cambia così in fretta, c’è sempre più bisogno di professionisti in grado di orchestrare l’informazione in modo strategico. E forse è proprio questa la natura dell’architettura dell’informazione: fornire una base robusta, flessibile e umana a qualsiasi rivoluzione tecnologica.

In conclusione, tutto ciò di cui abbiamo parlato è possibile già adesso. Basta che qualcuno abbia l’idea di queste nuove esperienze e butti giù semplici wireframe. (Quella è la parte facile — il difficile sarà convincere il management a dare priorità a queste innovazioni e investire nello stack tecnologico necessario per renderle realmente efficaci, scartando i design convenzionali. Buona fortuna!) Spero però che questo articolo sia stato utile a capire le basi di un’Architettura dell’Informazione davvero AI-first.

Ma ribadisco ancora una volta: non limitarti a copiare queste idee; usale come ispirazione per creare la tua app e risolvere i casi d’uso specifici dei tuoi clienti.

Dedica tempo a comprendere l’importanza della narrazione contestuale, l’identificazione di categorie, concetti e idee, i riassunti contestualizzati, la ricerca conversazionale federata, la ricerca vincolata e i passi successivi: tutto ciò che rende il framework di IA-first un nuovo modo di fare UX.

Ancora più importante, cerca di capire come questo nuovo framework offra un’esperienza superiore:

L’applicazione AI-first cerca di raccontare una storia, nel contesto del bisogno del cliente. L’AI parla con il cliente usando il suo linguaggio. Tutti i contenuti sono altamente personalizzati. L’AI offre spiegazioni, valutazioni e filtri adatti al compito che ha capito il cliente vuole svolgere.

Nessuna delle nuove tecniche discusse implica di gettare via l’esperienza accumulata nell’architettura informativa tradizionale, ma significa ripensare quei principi in un’ottica AI-first. Ci auguriamo che il nostro framework di IA possa esserti utile sul lavoro, mentre il piccolo intrattenimento che forniamo renda un po’ più leggero il tuo carico durante queste Feste.

Progettazione AI-first

Detto questo non posso fare a meno di avere un dubbio e di chiedermi se la mia e la nostra ferma convinzione sull’utilità dell’architettura dell’informazione – o, in senso più ampio, dell’architettura dell’intelligenza – non sia in realtà un bisogno che nasce dal nostro vissuto di persone adulte ultra cinquantenni..

Mi domando se, al contrario, un giovane liceale o una studentessa universitaria, cresciuti in un contesto dove la tecnologia si esprime attraverso la stringa di comando e l’interazione diretta con la progettazione AI-first, possano non sentire lo stesso bisogno di costruire e navigare strutture architettoniche complesse.

In altre parole, forse la nostra visione, intrisa di quella necessità di dare forma e ordine a un’informazione che noi conosciamo e apprezziamo, potrebbe non essere condivisa da chi vive una realtà digitale ancora più fluida e immediata, dove il design è inteso come un’interazione naturale e senza barriere.