Vi capita di parlare del valore della persona? Vi è mai capitato di ascoltare un genitore, un padre o una madre, che parla del primo lavoro del proprio figlio? Quasi mai è un lavoro di gavetta, di manovalanza pura, quasi mai si comincia a lavorare in uno studio che fa il suo onesto lavoro nella recondita provincia italiana. Solitamente si tratta di uno studio di livello nazionale e internazionale, una multinazionale, dove pare che si aspettasse l’ultimo laureato da inserire nell’organigramma. Lo stipendio è più che adeguato, nonostante la fuga di cervelli, quel ragazzo è l’eccezione che conferma la regola. La sua vita una grande figata.
Il vero successo
Insomma, in questi discorsi è chiaro che si rispecchi l’immaginario di un successo che nella realtà non esiste, o quanto meno appare difficile che esista. Già il fatto di dover millantare risultati iniziali come se si trattassero di risultati di una vita, svelano tutta la loro debolezza. Siamo davanti all’esaltazione del talento, del successo (vero o falso che sia) e dl’intelligenza, come parametri essenziali per determinare il valore di una persona.
Ci viene detto e ripetuto che per raggiungere il successo, per affermarsi in qualsiasi campo, dobbiamo essere implacabili, determinati e, a volte, anche disposti a mettere da parte l’empatia e il rispetto reciproco.
Ma cosa accade quando mettiamo al centro della nostra vita non solo la competenza e la professionalità, ma anche la gentilezza, la cortesia e l’umanità?
Il valore delle capacità intellettive e della conoscenza possono essere separati dalla personalità e dall’educazione di una persona? Professionalità e umanità sono due aspetti che ritengo legati; di più, intrecciati in modo indissolubile e nessuno dovrebbe essere sacrificato a favore dell’altro.
Il mito del “genio arrogante”
Quante volte abbiamo sentito parlare del “genio” che, grazie alle sue straordinarie intuizioni, domina la sua professione o il suo settore, ma che allo stesso tempo tratta male gli altri, manca di rispetto o dimostra una totale assenza di empatia?
C’è una tendenza diffusa a giustificare certi comportamenti con la scusa che “la professionalità viene prima di tutto”. È un’idea che ci viene spesso imposta: “Se vuoi crescere professionalmente, devi chiudere un occhio sulla personalità di chi ti sta di fronte, anche se è arrogante o maleducato. Altrimenti, perderai qualcosa di prezioso.”
Questa concezione, a mio parere, è profondamente errata e sta portando molte persone a vivere vite da incubo.
La professionalità non è solo competenza tecnica o intellettuale. La vera professionalità, a mio modesto parere, è saper trattare gli altri con rispetto, ascoltare con attenzione e creare un ambiente di lavoro dove la collaborazione e la stima reciproca possano fiorire. Se una persona, pur dotata di grandi capacità, manca di umanità, il suo valore professionale perde profondità e significato.
La scelta di mettere al centro la persona
Nel mio lavoro, ho deciso di mettere al centro la persona, e non solo i risultati, a tutti i costi. Credo fermamente che il rispetto, l’educazione e la capacità di trattare gli altri con dignità siano fondamentali non solo nella vita privata, ma anche in quella professionale.
Per questo, quando incontro qualcuno che, pur essendo una figura di spicco nel suo settore, manca di rispetto o dimostra arroganza, non ho esitazioni nel prendere le distanze.
Come esseri umani, abbiamo il diritto di scegliere chi ascoltare, chi seguire e con chi collaborare. E se una persona non rispetta l’umanità degli altri, non importa quanto brillante possa essere, non ha posto nel mio percorso di vita.
E scegliere di mettere al centro l’umanità non significa perdere opportunità o limitare la propria crescita professionale. Secondo me, significa costruire una rete di relazioni basate sulla fiducia, sul rispetto e sulla reciproca stima. Relazioni che, mi auguro anche alla lunga, porteranno a un successo più autentico e sostenibile.
Un percorso controcorrente
Certo lo sappiamo, lo so bene, nella società occidentale contemporanea, chi alza la voce, chi impone la propria volontà con forza, chi cerca di dominare gli altri per farsi strada, in questo momento, sta facendo più strada nel mondo. Ne sta facendo più di chi segue altri percorsi più gentili e onesti.
Per me, per quel che vale, la violenza, sia fisica, verbale o psicologica, non porta a relazioni sane né a risultati duraturi.
Scegliere di restare fedeli ai propri valori di rispetto e umanità è un atto di grande forza, non di debolezza. Significa non piegarsi alla logica della sopraffazione, ma lavorare per un mondo in cui la collaborazione, la gentilezza e la reciprocità siano al centro di ogni relazione, sia personale che professionale.
L’importanza della stima reciproca
In ogni collaborazione, che sia con un cliente, un collega o un partner, la stima reciproca è fondamentale. Non si tratta solo di fare bene il proprio lavoro, ma di farlo con il cuore, con l’intento di costruire qualcosa di positivo e significativo insieme agli altri. L’arroganza e la prevaricazione possono forse portare a un successo momentaneo, ma alla lunga si rivelano sterili e distruttive.
Chi sceglie di rispettare e valorizzare gli altri costruisce basi solide per il proprio futuro. Questo principio io lo applico alle relazioni professionali, ma anche alla vita in generale: chi semina rispetto raccoglie fiducia e collaborazione. Mentre chi sceglie la prevaricazione si isola.
Abbiamo bisogno di Umanità
Il mondo ha bisogno di più umanità. Noi viviamo un momento in cui un’ intelligenza artificiale sembra più umana di una persona. Abbiamo bisogno di esseri umani che sappiano combinare competenza e professionalità con gentilezza e rispetto. È vero, scegliere questa strada può sembrare controcorrente, soprattutto in questa epoca, lo ripeto, in cui sembra prevalere chi “batte i pugni sul tavolo”. Ma a lungo andare, sono convinto che questa scelta farà la differenza.
Scegliere l’umanità, in ogni aspetto della vita, ci permette di vivere e lavorare in modo più sereno e appagante, circondati da persone che condividono i nostri stessi valori.
E questo, per me, alla fine, è il vero successo.