Questo articolo prende spunto a piene mani dall’articolo “Future is Lean, Mean, and Scary for UX Agencies” di Jakob Nielsen, pubblicato il 19 febbraio 2025.
Nielsen parlando sul futuro della UX presenta una visione radicale sul futuro delle agenzie di User Experience e design, evidenziando come l’internalizzazione delle competenze e l’avvento dell’Intelligenza Artificiale stiano spingendo i professionisti verso nuove forme di specializzazione. Qui di seguito trovate una panoramica dei punti fondamentali e alcune riflessioni da un punto di vista di User Experience design.
Trasformazione rapida
L’articolo descrive come la disciplina UX sia entrata in una fase di trasformazione rapida, in cui l’aumento di competenze interne alle aziende e l’ascesa dell’Intelligenza artificiale stanno creando un potenziale collasso per le agenzie di consulenza di medie dimensioni.
Nielsen prospetta una polarizzazione del mercato: da un lato pochi studi d’élite, capaci di offrire consulenza strategica avanzata e guidata da veri guru, dall’altro agenzie automatizzate che forniscono soluzioni standard a clienti con necessità più basilari.
Nel mezzo, i team medi rischiano di scomparire a meno che non riescano a specializzarsi.
L’avvento dell’intelligenza artificiale
L’avvento dell’AI è visto come un fattore dirompente che triplicherà la produttività dei designer, fino a rendere meno necessarie le strutture sovradimensionate, privilegiando squadre più agili e mirate.
Il discorso mette in luce anche l’evoluzione della cultura aziendale: sempre più imprese tenderanno a sviluppare in-house design, integrando il pensiero e i processi UX in ogni dipartimento.
Si tratta di un passaggio epocale, paragonabile a una rivoluzione industriale in cui i ruoli si dividono tra chi innova, sfruttando a fondo gli strumenti dell’intelligenza artificiale, e chi ottimizza, perfezionando prodotti e servizi esistenti. È destinato a declinare anche l’approccio “design thinking” come insieme di workshop superficiali, mentre guadagnerà importanza una visione più ampia e concreta del viaggio dell’utente, capace di coprire ogni singolo punto di contatto.
Un cambiamento tutt’altro che banale
Da un punto di vista di user experience design, queste previsioni segnano un cambiamento tutt’altro che banale per chi si occupa di architettura dell’informazione.
Se le aziende matureranno davvero le competenze per gestire internamente l’intero processo di design, il professionista esterno dovrà focalizzarsi su ambiti altamente specialistici: la capacità di interpretare strategie globali, la padronanza dei nuovi strumenti di intelligenza artificiale e la guida di progetti complessi che superino le competenze dei team interni.
Questo significa che chi si trova oggi a lavorare in un contesto di agenzia deve sviluppare una mentalità aperta alle tecnologie emergenti e alla sperimentazione, affiancata dalla competenza di relazionarsi con organizzazioni in evoluzione costante.
Competenze relazionali
L’esperienza utente richiederà sempre meno soluzioni monolitiche e sempre più flessibilità per adattarsi a sistemi integrati e a processi di design che si modificano in corsa. Risulterà fondamentale conservare la capacità di leggere e comprendere le persone, pur abbracciando metodi data-driven e potenziati dall’AI.
Investire nelle competenze relazionali, nella visione olistica della user journey e nella sensibilità progettuale tipica dell’architettura dell’informazione potrebbe rivelarsi l’arma vincente per chi intende rimanere rilevante sul mercato. Siamo di fronte a uno scenario che non deve essere vissuto come catastrofico, ma come un’opportunità di crescita e specializzazione per chi saprà cogliere la sfida con un approccio dinamico e un costante aggiornamento professionale.
Provocazione e analisi
L’articolo sul futuro della UX nel 2025 di Jakob Nielsen è provocatorio, come spesso accade con le sue previsioni, ma tocca alcuni punti di grande rilevanza per l’evoluzione del mercato UX.
Il richiamo all’importanza di una maggiore maturità interna alle aziende e all’integrazione dell’Intelligenza Artificiale è condivisibile, perché i team interni stanno effettivamente diventando più competenti e l’AI è un fattore dirompente che sta trasformando i processi di progettazione e sviluppo.
È inoltre sensato l’accento posto sulla necessità di specializzazione: un’agenzia che si ritrova a offrire gli stessi servizi di dieci o vent’anni fa rischia di rimanere indietro.
Su cosa non siamo d’accordo
Dove, invece, l’analisi potrebbe essere leggermente troppo netta è nel decretare la quasi totale “estinzione” delle agenzie di medie dimensioni.
È vero che l’internalizzazione di competenze UX riduce la domanda di servizi esterni, ma non sempre le aziende sono in grado di gestire progetti complessi unicamente con personale interno. Potrebbe aprirsi uno spazio di collaborazione, in cui le agenzie forniscono consulenze specialistiche su particolari settori di nicchia o offrono soluzioni tecnologiche avanzate (anche basate su AI) che le aziende stesse non sono attrezzate a creare. Inoltre, non tutte le realtà hanno la capacità o la volontà di investire in ampi team UX interni, e il mercato delle piccole-medie imprese rimane vasto.
Nielsen traccia uno scenario sul futuro della UX in cui solo una manciata agenzie d’élite o servizi di design automatizzato sopravvivranno.
In pratica, è probabile che la situazione sia più sfumata. Alcune agenzie sapranno trasformarsi in laboratori di ricerca ad alto valore aggiunto o in piattaforme integrate di servizi digitali. Altre potranno specializzarsi nella formazione e nel coaching di team interni, supportando le aziende che non hanno ancora raggiunto la maturità necessaria. Insomma, l’evoluzione non sarà indolore, ma la varietà di modelli di business e la complessità delle esigenze aziendali lasciano spazio a strategie diverse.
Muoversi in direzioni più innovative
In conclusione, il testo di Nielsen ha il pregio di spingere chi lavora nella consulenza UX a fare un esame di coscienza e a muoversi in direzioni più innovative, soprattutto nell’integrazione dell’AI.
Allo stesso tempo, le sue previsioni più drastiche non tengono conto fino in fondo di come la domanda di soluzioni personalizzate e la mancanza di competenze specialistiche all’interno delle aziende possano continuare a offrire opportunità, anche a chi non è necessariamente un “guru” o una grande piattaforma automatizzata.
Il mondo cambia o è già cambiato
Aggiungo anche un secondo commento sul futuro della UX (nel 2025) in cui si evidenzia che, Nielsen, seppure ben informato, si focalizza su agenzie che talvolta promettono più di ciò che possono effettivamente offrire.
Potrebbe essere vittima lui stesso del bias “What You See Is All There Is” (WYSIATI), perché non porta dati storici o fonti a riprova delle sue ipotesi.
È vero che le cose cambiano di continuo, ma nessuno può dire con certezza cosa succederà in un orizzonte anche solo di tre o quattro anni.
Jakob Nielsen conosce certamente bene il mercato, ma non ha una sfera di cristallo.
Stiamo attraversando un contesto storico in cui gli scenari cambiano a velocità inedite: dalle tensioni politiche internazionali, con la sensazione di vivere in un’ansia costante di crisi globale, fino ai cambiamenti climatici che spingeranno intere popolazioni del Mediterraneo a migrare verso Nord.
Diversi livelli di realtà convivono in parallelo e generano scenari talmente complessi da rendere difficile qualunque profezia. Nessuno nega che l’UX si stia trasformando profondamente, ma le forze in gioco sono così tante che ogni previsione andrebbe presa con una certa cautela. Il futuro della UX potrebbe essere dunque molto diverso.