Geografie emozionali e geografie dell’ascolto sono in relazione e sono in grado di far comprendere meglio il mondo in cui viviamo. Un po’ di tempo fa, Luca Rosati, di cui seguo il blog, ha pubblicato un breve post dal titolo “Geografie emozionali” che mi ha ispirato diverse riflessioni.
Ad attirare la mia attenzione è stato il legame che spesso ho trovato e riscoperto tra architetture e geografie.
Geografie emozionali
Studiando l’architettura dell’informazione sono ritornato spesso ai concetti di Geografia studiati all’università. Se non altro per tutta la parte della rappresentazione dei sistemi umani. Infatti, durante le mie ricerche, con somma sorpresa e gioia, ho scoperto che il prof. Vincenzo Guarrasi, geografo dell’Università degli Studi di Palermo, di cui sono stato allievo (esame superato con 26/30) ha avviato una collana sulla città cosmopolita che ha come sottotitolo “Geografie dell’ascolto”.
Progettare esperienze
Rosati introduce l’argomento sulle geografie emozionali dicendo
“Progettare esperienze correlando spazio e tempo. l’economia e il design contemporanei si configurano sempre più come una rivisitazione di queste dimensioni – uno spazio-tempo dove la rete funge da abilitatore e connettore.”
Scrive Rosati: “Una mappa emozionale della città: ogni luogo un’emozione, un ricordo, un colore. Ho spesso immaginato uno scenario di questo genere. Qualcosa di molto simile ritrovo ora in alcuni progetti.
Mapping emotions in Victorian London è una mappa interattiva di Londra costruita legando ai luoghi della città brani letterari famosi (dell’età Vittoriana), con l’obiettivo di restituire una lettura emozionale della città stessa. Ho scoperto quest’iniziativa grazie all’articolo di Anna Volpicelli, La mappa emotiva (interattiva) di Londra.”
Rimando alla lettura completa sul sito web di Luca Rosati .
Isole
Rosati conclude il suo post con un finale cinematografico. La scena del capitolo Isole del film “Caro Diario” di Nanni Moretti. In questa scena i due protagonisti lasciano l’isola di Stromboli salutati dal Sindaco, un uomo visionario e pieno di progetti.
Geografie emozionali e Geografie dell’ascolto
Penso che, inconsapevolmente, nel ricordare emozioni, Rosati torni alla sua memoria acustica per ricostruire paesaggi. per ricreare legami tra spazio e tempo. Lo fa certamente il Sindaco “morettiano” che, nella speranza di una rinascita dell’isola di Stromboli, rispetto ad altre isole più attrattive, pensa di chiedere ad Ennio Morricone di scrivere una colonna sonora per l’isola.
Il Sindaco pensa alla luce, ad un direttore della fotografia da Oscar, come Vittorio Storaro che curi l’illuminazione di Stromboli e dei suoi tramonti.
Il Sindaco parla di luce e di suoni, di musica. Un tutt’uno per ricostruire qualcosa di diverso, di nuovo. Aggiungo io: per ricostruire un contesto diverso dove l’ascolto sia una delle tante esperienze.
Progettare esperienze
Parafrasando Rosati “Progettare esperienze correlando spazio e suoni: l’economia e il design contemporanei si configurano sempre più come una rivisitazione di queste dimensioni – uno spazio-tempo (sonoro) dove la rete, attraverso il suono, la musica o il contesto sonoro, funge da abilitatore e connettore.”
Il Sindaco continua. “Ricostruire da zero Stromboli. Ricostruire da zero l’Italia. Un nuovo modo di vivere, con una nuova luce, con nuovi abiti, nuovi suoni, un nuovo modo di parlare, nuovi colori, nuovi sapori, tutto nuovo! Scion Scion!”
Luca Rosati, nel suo post, indica tra i progetti che hanno
“l’obiettivo di restituire una lettura emozionale della città stessa”
il progetto Roma vista dai ciechi. Scrivere storie nelle geografie, per una mappa esperienziale della città.
La Geografia umana all’università
Leggendo Rosati mi è venuta in mente una lezione del prof. Guarrasi. Durante una sua lezione, ci diede il compito di disegnare una mappa. Ossia la mappa del percorso che ciascuno di noi percorreva, periodicamente, per arrivare alla Facoltà di Lettere. Ci chiese e ci consigliò di utilizzare tutti i nostri sensi. Cioè non solo quello visivo/decorativo, che era il più ovvio, ma anche il senso olfattivo, se volevamo, e/o uditivo.
Per spiegare meglio quello che intendeva, ci raccontò di una telefonata con un suo amico non vedente. L’amico, nel dargli indicazioni riguardo il luogo di un appuntamento, gli specificò che da poco, in quella zona, era stato rifatto il manto stradale. L’asfalto steso nei giorni precedenti, infatti, produceva un diverso suono rispetto all’asfalto più usato. Questo produceva e produce, in un non vedente, sensazioni diverse e dunque rappresentazioni diverse rispetto alla sola visione di un percorso.
Il legame tra l’Architettura dell’informazione e la Geografia.
Le vostre rappresentazioni a quale senso si legano? Se doveste disegnare il percorso che fate da casa vostra al lavoro, cosa disegnereste? Provate a disegnare la vostra mappa. Vi garantisco che vi stupirete di voi stessi per la scarsezza o l’eccessivo dettaglio della mappa.
Chi volesse una mano a capire come si crea una mappa rimando al post “Breve guida alle user experience map: cosa sono, a cosa servono, come farle” di Maria Cristina Lavazza, architetto dell’informazione e user experience design innamorata della progettazione partecipata e dei metodi collaborativi.
Rappresentazioni sonore
La seconda riflessione è che, più di quanto si crede, si fa ricorso alla sfera uditiva/sonora per descrivere e ricostruire gli spazi. Infatti, come indicato sul sito urbanexperience, per ricostruire la città ci si avvale di due strumenti: il radio-walkshow e il geoblog.
“I radio-walkshow, così intesi perché rappresentano una risposta sociale e culturale all’inerzia dei talk show televisivi, sono di fatto delle opportunità di partecipazione per cittadini radicati in territori da sempre conosciuti e che, con le nostre passeggiate-conversazioni nomadi, possono riscoprire con un altro sguardo. La trasmissione radio (con il sistema whisper usato tutti i giorni dai turisti che affollano la nostra città) può creare delle situazioni sorprendenti di coinvolgimento, invitando a parlare persone che non si sognerebbero mai di parlare in pubblico. Si usa una tecnologia ordinaria in modo straordinario, creando situazioni di performance radiofonica (con l’ausilio di smartphone attraverso cui mettere in ascolto repertori audio pertinenti, con particolari spunti poetici e narrativi) alimentata dagli interventi di esperti del territorio e performer.”
Il geoblog
“Il geoblog permette di visualizzare i percorsi che si svolgono in città, tracciando una mappa esperienziale, e al contempo, accogliere commenti e sharing sui social media e sulla piattaforma web www.urbanexperience.it“
La città cosmopolita
Traggo le seguenti riflessioni dal libro La città Cosmopolita, Geografie dell’ascolto di Vincenzo Guarrasi edito dalla PalumboEditore di Palermo di cui consiglio la lettura integrale.
Prima di prendere in mano il libro bisogna spazzare via alcuni pregiudizi riguardanti la Geografia. Per Geografia intendiamo la disciplina che rappresenta la Terra, il Mondo inteso come Sistema. Geografia è disciplina che si occupa della rappresentazione dell’Uomo, dei luoghi da esso abitati, della Storia, e persino delle Economie.
Premessa
– L’autore, il prof. Vincenzo Guarrasi, prende le mosse proprio dalla crisi economica che stiamo attraversando. Crisi che scuote la Cultura e le Società contemporanee. Si parte da qui per parlare della Città cosmopolita e delle Geografie dell’ascolto.
– All’intensificarsi di scambi di dati, di informazioni e di beni immateriali corrisponde l’intensificarsi di movimenti umani. Fenomeno che viene abbozzato, cancellato, dimenticato o accentuato a seconda delle convenienze del momento.
– Il prof. Guarrasi pone l’attenzione su due enti fondamentali della Geografia: l’Uomo che abita un luogo e lo spazio abitato dall’Uomo. All’estremità di questi due elementi studiati dalla Geografia troviamo i sé senza luoghi e i luoghi senza sé.
Effetti delle migrazioni sullo spazio
Il fenomeno delle migrazioni di popoli è un fenomeno antico quanto la preistoria. Fenomeno di cui, oggi, siamo testimoni, non sempre, consapevoli.
Uomini che per ragioni varie, spesso legate alle condizioni di vita estrema dei luoghi di origine, si spostano in altri luoghi. Questi esseri umani hanno, o meglio, avevano un luogo dove sono nati e cresciuti. In questi luoghi hanno vissuto un periodo della loro vita intessendo rapporti di varia natura: il luogo abitato dall’Uomo. Questo luogo viene perso (nel caso di una guerra distrutto) o abbandonato per un luogo “altro”, che non è loro (nel senso di riconoscimento identitario), né per spazio né per cultura. La condizione di “essere migrante” trasforma questo essere umano in un sé senza luogo.
Luoghi senza se
All’altro estremo, esistono luoghi senza sé, come i deserti, certamente, o come certi spazi delle nostre città.
Non sono luoghi senza anima o senza un’atmosfera, sono luoghi che spesso attraversiamo o sfioriamo, che conosciamo bene, in cui ci fermiamo anche, ma che non viviamo se non di passaggio. Anzi, spesso, sono nati proprio per favorire questo passaggio. Caratteristica di questi luoghi è che al loro interno non esistono relazioni. Esso può essere un posteggio di periferia o un centro commerciale, una stazione o il terminal di un aeroporto. Guarrasi, riprendendo la definizione del filosofo e saggista tedesco Peter Sloterdijk, li definisce “i luoghi senza sé“.
Il non luogo
I luoghi senza sé io li conoscevo come i non luoghi , secondo la definizione dell’etnoantropologo francese Marc Augè (che, in tempi recenti, ne ha rivisto la definizione.)
Al momento ci basti la definizione di luogo privo di relazioni umane.
I luoghi sonori
Il luogo nasce nella relazione tra l’Uomo che abita lo spazio e lo spazio abitato dall’Uomo. Alle estremità di questa relazione abbiamo il sé senza luogo e il luogo senza sé. Al centro troviamo il luogo, appunto, o meglio ancora, troviamo i luoghi, luoghi di contatto dove si sviluppano interazioni.
Sostiene Nancy
“Queste ultime (le interazioni) passano attraverso la mediazione della VOCE, secondo la definizione che il filosofo J.L.Nancy propone: “una voce”. Si deve comprendere ciò che suona a partire da una voce umana senza essere linguaggio, ciò che sorge da una gola animale o da uno strumento quale che sia, anche dal vento fra i rami – brusii ai quali tendiamo o prestiamo orecchio. [(Nancy 2004, 34-35) Guarrasi 2011, 50-56]
“Il suono non ha facce nascoste […]. Nel caso del suono, qualcosa dello schema teorico e intenzionale regolato sull’ottica vacilla. Ascoltare significa entrare in quella spazialità dalla quale, nello stesso tempo sono penetrato: perché essa si apre in me tanto quanto attorno a me, e a partire da me tanto quanto verso di me. Ed è per una tale doppia quadrupla o sestupla apertura che un “sé” può aver luogo. (Nancy, 23).
L’essere umano diventa luogo
L’essere umano diventa luogo nell’interazione tra la sua voce ascoltata e la voce che ascolta. Potrebbe accadere alla periferia di un campo Rom, nella voce di una donna indiana che fa da colf ad una nostra parente o la badante etiope o rumena della nostra nonna.
L’essere umano, dunque, è il luogo della risonanza. Guarrasi ci illumina con questa frase
Il paesaggio è legato alla visione, il luogo è legato all’ascolto.
Il luogo è interazione, è contatto tra persone. Questa interazione non è (solo) fisica. L’interazione avviene (anche) attraverso la voce (spesso non compresa) e dunque solo suono.
Tempo sonoro
Guarrasi ricorda ancora quanto scritto da J. L.Nancy:
“Il tempo sonoro ha luogo immediatamente secondo una dimensione completamente altra […] Il presente sonoro è immediatamente l’accadere d’uno spazio-tempo, si spande nello spazio o piuttosto apre un proprio spazio, la spaziatura della propria risonanza, della propria dilatazione, del proprio riverbero.”
Guarrasi fa riferimento alla relazione tra ” lo spazio – tempo sonoro”.
Spazio – Tempo sonoro
E qui mi ricollego a quanto scritto e riportato da Luca Rosati che scrive:
Spazio e tempo come dimensioni dell’esperienza: il web funziona da collante fra territorio (spazio) e aspetti emotivi, esperienziali, narrativi (tempo). Il che mi fa tornare alla mente queste parole di Enrico Beltramini. ci stiamo avvicinando a una forma di capitalismo immateriale in cui il prodotto è rappresentato dall’ accesso al tempo e alla mente […]. In generale, il business migra […] dalla vendita di beni e servizi alla commercializzazione di intere aree dell’esperienza umana (Enrico Beltramini).
Rosati “tronca” la frase parlando di relazione spazio-tempo. Ovviamente solo perché al di fuori della sua ricerca. E, invece, si tratterebbe, alla luce di quanto fin qui esposto, di relazione spazio – tempo sonoro (la narrazione ancor prima che scritta è sonora).
Alla voce
Ancora Guarrasi ricorda le parole di J. L. Nancy:
“Nella relazione tra spazio e tempo sonoro la soggettività può aver luogo e collocarsi sul “bordo del senso”. Consapevoli che nel suono, nella sorgente del suono, c’è anche una ricezione, una risonanza e un’ascolto e quindi una relazione creatrice.
“Il luogo sonoro, lo spazio e il luogo – e l’aver luogo – in quanto sonorità, non è dunque un luogo nel quale un soggetto arriverebbe per farsi sentire, come in una sala da concerto ma è un luogo che al contrario diventa un soggetto nella misura in cui il suono vi risuona.”
Suono come identità
Qui Nancy fa un esempio straordinario ed emozionante. Nancy paragona questo luogo sonoro al primo grido acuto del bambino appena nato. Un grido che è per sé e in sé; un grido, che al di là dello spazio in cui viene emesso, è esso stesso luogo e che dice: Io esisto! Io sono!
“corpo e anima di un qualcUNO nuovo, singolare.”
Guarrasi aggiunge:
“Se figura e idea hanno affinità tra di loro, senso e suono hanno in comune lo spazio di un rinvio”.
All’ascolto
Voce e dialogo, suono e ascolto, sono il luogo.
È solo mettendoci all’ascolto, attivando l’ascolto e quindi ponendo attenzione ai contesti sonori, polifonici, che possiamo comprendere a pieno quanto sta accadendo. E dunque possiamo rappresentarlo al meglio. Sia all’interno di una mappa, sia all’interno del web o all’interno di ecosistemi vissuti da esseri umani.
L’architettura dell’informazione e il web 3.0
Sono convinto, senza spocchia, che quanto fin qui raccolto rafforzi ancor di più le affermazioni di Luca Rosati nel suo post L’architettura dell’informazione e il web 3.0 dove si legge
“l’architettura dell’informazione si pone come possibile collante fra i vari contesti di interazione uomo-informazione”.
Fra questi contesti troviamo quello sonoro. Un contesto legato indissolubilmente alla nostra esperienza, alla nostra fisicità, ma incredibilmente legato anche alla nostra intimità, al nostro essere il cui essere è nel suo essere.