La uxweekrome , la settimana italiana dedicata all’user experience, si è svolta a Roma dal 4 al 12 novembre. Chi mi segue su twitter se ne sarà accorto #IIAS16. Due lunghi e intensi fine settimana dove si è potuto partecipare a workshop e conferenze di altissimo livello.
E’ stata una settimana molto intensa. E sarà che quest’anno avevo gli anticorpi giusti, ma ho potuto assorbire molto meglio l’enorme quantità di impulsi che è arrivato da questi incontri. L’anno scorso alla fine del Summit di Bologna mi ero depresso. Davvero! Ero andato in over information. Vedevo l’architettura dell’informazione come una disciplina talmente avanzata e lontana all’orizzonte che non pensavo di riuscire a gestirla.
Oggi, a distanza di un anno, molte cose mi sono più chiare. E un anno di maturità professionale sul campo, su questo blog, pensando alle mie start up, mi hanno fortificato.
I lettori del blog
Grazie agli analytcs so che mi leggete e mi seguite. Anche in tanti, devo dire, per un settore di nicchia come l’architettura dell’informazione sonora. Il blog cresce, le letture sono approfondite e in molti ritornano. Il summit di quest’anno, però, mi ha permesso di incontrare alcuni di voi che si trovavano, come me, alla UXWeekRome. Che dire, ancora una volta, grazie! Guardarvi negli occhi, sentire cosa pensate di questo blog e dei miei articoli, mi ha fatto molto piacere. Sapere che le mie connessioni vi spingono ad altre riflessioni mi ripaga di tutto il lavoro fatto fin qui. Grazie di cuore!
La mia #uxweekrome
Molti degli impulsi che mi sono giunti da questa settimana diventeranno presto delle lezioni e delle presentazioni, per cui dovrete aspettare per la loro pubblicazione. E così, nell’attesa, vi parlerò della mia uxweekrome, di come ho vissuto io l’avventura di quest’anno.
Co-design Jam
Dal 4 al 6 novembre si è svolta la codesign jam e il tema di quest’anno è stata la Sostenibilità.
L’ONU propone gli obiettivi di sviluppo sostenibile . Come potete vedere qui di seguito non si tratta solo di ambiente e di riciclaggio. La Sostenibilità riguarda ormai tutto e tutti: azzeramento della povertà, istruzione, pace e giustizia, riduzione dell’ineguaglianze, lavoro e crescita sostenibile. Il nostro sviluppo se non sarà sostenibile non ci porterà da nessuna parte.
A tal proposito sto iniziando a lavorare alla sostenibilità di questo blog e alcuni spunti saranno applicati al blog stesso nel 2017.
I gruppi di lavoro
Quest’anno ho fatto parte di un gruppo molto bello. Io, Luigi, Imma e Alessandra abbiamo trovato un buon equilibrio di gruppo. C’è stato un ottimo feeling, tanto da far dire a Luigi che quello sarebbe il miglior modo di lavorare anche nel lavoro di tutti i giorni. Infatti, la realtà è che l’user experience design porta a capovolgere la metodologia di lavoro più diffusa. Il committente, che sia il tuo capo o il cliente, non vuole rinunciare al suo ruolo autoritario. Della serie “A me piace così e lo fai così!”. Progettare insieme significa portare avanti un progetto ascoltando tutti, partendo dai bisogni e dagli utenti. Se si sbaglia e si dovrà ricominciare, lo si fa, non perché al capo non piace, ma perché all’utente non funziona.
Consiglio sempre l’ascolto e la lettura dell’amica Maria Cristina Lavazza che nella presentazione Codesign: progettazione collaborativa con gli utenti, i committenti e gli altri attori dell’ecosistema. from Maria Cristina Lavazza mostra molto bene di cosa si tratta.
I 4 gruppi che si sono formati sono partiti da qualcosa che somigliava ad un libro che fluttuava nell’aria. Qualcuno lo ha inteso come riutilizzo di materiali, altri come condivisione dei libri, altri ancora come creazione di giochi interculturali attraverso materiale di riciclo.
Non so se nascerà qualcos’altro da questa esperienza. Il bello di tutto questo è comunque incontrarsi e confrontarsi con gli altri. Non sempre qualcuno vuole continuare un rapporto che nasce da un momento trascorso insieme. Ma è comunque una esperienza da vivere e da ripetere nel tempo. Qualcosa e qualcuno rimane, però.
Entrare nel gruppo giusto è questione di fortuna. Uscire dalla co-design jam più ricchi e creativi è questione personale. Intanto mi porto a casa la verifica del metodo e l’applicazione su altri progetti. Mi piace ascoltare gli altri. E fin quando sarò capace di confrontarmi so che potrò crescere.
Il WUD – World Usability Day 2016
Anche il WUD, il World Usability Day, ha avuto come tema la Sostenibilità.
Gli interventi sono stati molto variegati. Peccato che qualcuno sia caduto nell’auto-promozione. Ma capita. Io un paio di contenuti interessanti me li sono portati a casa e questo può bastare. Se non altro ho incontrato tante persone interessanti. Parlato con altre persone che condividono il mio percorso e i miei interessi. E questo è quel che conta.
Abby Covert – Architettura dell’informazione per tutti
Ho seguito poi il workshop di Abby Covert.
No matter what your job or mission in life: if you are working with other people you are dealing with information architecture. Information Architecture is the way that we arrange the parts of something to make it understandable. Whether it is determining the labels for your products and services or creating navigational systems to help users move through a complex ecosystem of marketing channels, everybody architects information.
The concepts one has to understand to practice information architecture thoughtfully are not hard to learn or based on expensive tools. In fact they are tools and concepts we at the Information Architecture Institute think everybody should know. This workshop is meant to introduce the concepts of IA and give you confidence in practicing IA yourself.
Un gran bel ripasso sull’architettura dell’informazione e un ottimo momento di crescita. Abby parte dal presupposto che tutti siamo o dovremmo essere architetti dell’informazione. E in effetti è così. Chiunque organizza, cataloga, mette ordine, è già in buona parte architetto dell’informazione. Magari in tanti lo fanno empiricamente, senza avere la formazione o senza l’uso degli strumenti adatti. Ma lo è.
Il ripasso fa bene.
Lasciare il segno
Il summit è stato ricco. Anzi ricchissimo. Abby Covert come introduzione, Andrea Resmini e Annamaria Testa nel mezzo e Jeorge Arango come finale. Forse questi nomi vi dicono poco. Ma per gli addetti ai lavori questo significa “tanta roba”. E tutti gli altri interventi sono stati all’altezza della situazione e non certo un riempitivo. Anzi.
La mia sensazione a pelle è che comunque questi 10 anni di Summit non sono certo un traguardo. Sono solo, purtroppo, un punto di partenza. In questi 10 anni l’architettura dell’informazione avrebbe dovuto affermarsi in tanti ambiti del nostro Paese. La professione dell’architetto dell’informazione dovrebbe essere diffusa e presente nella stragrande maggioranza delle aziende e delle start up italiane. Se non altro avrebbe dovuto affermarsi, con forza, almeno in tutte le redazione dei maggiori editori italiani. Così non è. La pubblica amministrazione sta cominciando adesso ad assumere i primi architetti dell’informazione. Non sappiamo secondo quali principi. Si richiede esperienza certificata e dimostrabile di 5 anni, in alcuni casi, o di 10 anni. Ma non esistono certificazioni italiane così in dietro negli anni. Chi ha 10 anni di esperienza nel settore, o è già affermato e fa altro, o viene dagli Stati Uniti. Staremo a vedere.
Il mondo dell’informazione e della comunicazione, così come è cambiato in questi ultimi anni, ha bisogno e richiede questa figura professionale. Chi sta a capo di questo mondo, purtroppo, al momento, non sa che esistiamo e non comprende cosa facciamo.
L’ hashtag, coniato da Andrea Resmini , #Daje, che ha concluso il suo intervento, dice tante cose. A me viene da rispondere “Eccomi! Io ci sono!”
Relazioni
Per me il Summit dell’architettura dell’informazione è stato il summit delle relazioni. Ed ha lasciato il segno, almeno a me. Purtroppo la logistica di Roma, della bella e meravigliosa location di quest’anno, non ha permesso un grande scambio di relazioni tra la comunità intera. L’anno scorso a Bologna il summit si era svolto tutto in un solo luogo, dove si dormiva anche. In questo modo si era vissuta maggiormente la comunità. Ad ogni modo, a Roma, dove si sono creati i punti di incontro, questi sono stati, certamente, molto intensi.
Nei momenti di convivialità ci sono state discussioni molto profonde tra belle persone.
E poi ho rivisto e abbracciato gli amici di una comunità di pratica ricca di entusiasmo e godereccia. Gente bella, pulita, che si vede, magari una volta l’anno, ma che quando si incontra fa sempre una festa.
Il trofeo
Come avrete capito mi sono portato a casa più di qualche informazione e molto più di quello che può essere la formazione. Porto con me l’energia per un nuovo anno. La necessità e la voglia di divulgare ancor di più la disciplina. E porto con me un trofeo. La foto scattata da Marco Tagliavacche che ritrae Jason Ulaszek, Jeoge Arango, Andrea Resmini, Stefano Bussolon, Luca Rosati e me, con Paola Avesani in adorazione per questi mostri sacri. Un trofeo. Una foto storica.
La sicilia e l’architettura dell’informazione
Tra le relazioni di quest’anno ci sono stati gli incontri con i siciliani. Quest’anno numerosi al summit. Ciascuno vive la propria relazione con l’user experience e l’architettura dell’informazione da solo nella propria città. Ma pare che ci sia fermento. Voglia di connettersi. Qualcosa si muove. La Sicilia è sempre stata laboratorio di innovazione. Sono quasi certo che questa comunità di pionieri potrebbe diventare qualcosa di importante. La nostra sicilianitudine potrebbe portare con se un forte spirito di competizione per affrontare nuovi esperimenti. Io ci sono. Si può fare!
La sfida è lanciata. Le prospettive sono tante. Le opportunità stanno per arrivare.
Insomma.
Daje!