Mettere la persona al centro, nella vita quotidiana, è buona parte del mio lavoro di architetto dell’informazione.
In questo articolo racconterò alcune vicende quotidiane dove la persona (in questo caso io) non è stato messo al centro e cosa sarebbe significato, per me, essere stato messo al centro. Nei commenti potete raccontare la vostra storia e quello di cui avreste avuto bisogno voi.
Patient centricity
Ho già raccontato cosa significa per me mettere le persone al centro, prendendo spunto dalla patient centricity, raccontando la storia di due badanti.
Tutti mettono al centro la persona
Da qualche anno a questa parte un po’ tutti affermano nei documenti pubblici o aziendali, nelle pubblicità così come nella comunicazione quotidiana, che mettono le persone al centro, sia che si tratta di una promessa, di un impegno o di atto già in essere.
Purtroppo, se tutti dichiariamo di mettere la persona al centro, poi nei fatti, nella pratica quotidiana, non sempre avviene. E questo avviene non tanto perché non si voglia, ma spesso perché il concetto non ci è del tutto chiaro.
Un commerciante o un artigiano che risolve un problema o qualunque professionista che è a contatto con il pubblico, è convinto di mettere al centro la persona, che è il suo cliente, che è quello che lo fa vivere. Tutti pensiamo che se queste figure professionali non mettessero al centro il loro cliente non guadagnerebbe e chiuderebbe dopo pochi mesi.
Ma è davvero così?
Non sono l’utente medio
Davvero si mette la persona al centro? Oppure spesso si pensa di calare dall’alto una conoscenza o persino un comportamento, in base alle proprie conoscenze? E siamo sicuri che l’altro abbia contezza e consapevolezza di queste conoscenze? Siamo sicuri che voglia cambiare abitudini o che si possa adattare ad una nuova situazione, se non coinvolto nel processo di innovazione?
C’è una differenza tra mettere le persone al centro e mettere il lavoro al centro. Un cambio di prospettiva che a parole appare semplice ma nei fatti è complesso.
Il lavoro al centro
Da anni ho una saracinesca automatizzata. La saracinesca funziona con un motore che porta su e giù la saracinesca e una centralina che gestisce gli impulsi elettrici ed alcune funzionalità.
Una funzionalità fondamentale della centralina è la funzione di sicurezza. Ossia, la centralina è collegata a una fotocellula che, nel momento in cui la saracinesca è in movimento e qualcuno passa, blocca il motore e, per sicurezza appunto, fa rialzare la saracinesca. In pratica, se qualcuno passa non viene schiacciato sotto il peso della saracinesca.
Poco tempo fa ho dovuto cambiare l’intero motore e metterne uno nuovo. Chiamo il fabbro che effettua il cambio del motore. Per effettuare la sostituzione stacca i fili del motore dalla centralina.
Rimette tutto nuovo, fa una prova con la corrente elettrica, funziona. E riattacca i fili del motore sincronizzando i colori dei fili. A blu corrisponde blu, a marrone il marrone, a filo nero corrisponde filo nero.
Basta che funzioni?
Premiamo i pulsanti e funziona.
Peccato che la centralina funzioni all’incontrario. Ossia, quando passa qualcuno sotto la saracinesca, invece di riaprirsi, come di regola, si abbassa. Quindi la saracinesca funziona, ma non è in sicurezza. Tra l’altro scopro che la fotocellula resta attiva alcuni secondi anche dopo che la saracinesca è del tutto aperta, dunque si chiude anche da sola, senza un comando preciso. Quindi doppiamente pericolosa.
Il fabbro mi risponde che bisogna chiamare l’elettricista perché lui, in quanto fabbro non mette mano alla luce, tanto meno alla centralina.
Ecco, secondo me, il fabbro non ha messo la persona al centro, ma ha messo al centro il suo lavoro.
C’è un equivoco?
Il fabbro, avendomi offerto il miglior motore possibile e permettendo alla saracinesca di alzarsi e abbassarsi, ha offerto a me, dal suo punto di vista, il miglior servizio a regola d’arte. Ha risolto un mio problema: il motore non funzionava, ora funziona. E per lui ha soddisfatto tutti i miei bisogni.
In realtà ha messo al centro il suo lavoro, il suo miglior lavoro possibile. Ma non ha messo al centro la persona. Perché mettere al centro la persona significava e significa che io avrei dovuto utilizzare la saracinesca anche in sicurezza. E che la soluzione di un problema non ne provocasse un altro.
Semmai il fabbro, avrebbe dovuto avere delle conoscenze di base da elettricista per risolvere il problema riguardante un motore che ha scelto lui. Oppure avrebbe dovuto avere un elettricista, compreso nel servizio preventivato, a sua disposizione, che risolvesse eventuali problemi di questo genere.
Persona al centro
In conclusione io ho risolto il problema andando a verificare che i colori dei fili non corrispondevano perché le logiche dei due dispositivi (motore e centralina di marche diverse) non erano uguali e perché sono impegnato nella lotta contro l’obsolescenza programmata. Ma altri avrebbero dovuto chiamare un elettricista, aspettare un secondo intervento, aggiungere una spesa, ma soprattutto avere per più giorni la preoccupazione di una saracinesca non in sicurezza.
E successo anche a voi?
E voi avete avuto problemi di questo genere? Avete mai chiesto una consulenza per mettere le persone al centro?
Raccontate nei commenti la vostra esperienze in cui il professionista o l’artigiano vi abbia messo davvero al centro. Come e cosa ha fatto? O cosa non ha fatto? Cosa pensate avrebbe dovuto fare?
Cosa rende un sito web più usabile?
da Toni Fontana | Mag 18, 2016 |
Un sito web è usabile quando soddisfa i bisogni dell’utente. L’ user centered design è un approccio ti tipo lavorativo che negli anni ha avuto diversi nomi. In parole semplici si tratta di una progettazione che mette al centro del progetto i fattori umani, i suoi bisogni, le sue necessità, la sua ergonomia, il contesto in cui si usa quel prodotto o sito web.
Gli utenti di Wikipedia scrivono:
La Progettazione centrata sull’utente o in inglese: User-centered design (UCD) è una filosofia di progettazione e un processo nel quale ai bisogni, ai desideri e ai limiti dell’utente sul prodotto finale è data grande attenzione in ogni passo del processo di progettazione per massimizzare l’usabilità del prodotto stesso.
Relazione tra professionista e persone
Quindi un sito web o un prodotto risulterà usabile quando c’è stata o c’è una stretta relazione tra progettista e utente; quando si valuta attentamente e si misura come l’utente usa il prodotto o il sito web. Quando non ci si limita alla forma ma anche alla funzione del prodotto.
Per fare questo è necessario che ci sia una organizzazione che pratica l’user centered design e si affidi ad un processo user centered design. Si tratta di avere un team che sia disponibile ad accettare gli input e ad ascoltare i consigli degli utenti; sviluppatori ed informatici che siano disposti ad ascoltare le indicazioni degli architetti dell’informazione, grafici che si confrontino sia con la comunicazione sia con il marketing e che sappiano apportare il loro contributo di esperienza; ingegneri che si fermino a confrontarsi prima di giungere alle soluzioni e conclusioni.
Approccio multidisciplinare
Insomma, sarebbe necessario che la squadra user centered design avesse un approccio multidisciplinare, che contenga umanisti, etnologi, antropologi, grafici, informatici, ingegneri. Tutti questi professionisti devono avere una mente aperta all’ ascolto dell’altro. Tutti questi professionisti devono rinunciare a ritenersi gli utenti medi. Tutti questi professionisti devono rinunciare a considerare i propri familiari (informatizzati) gli utenti medi. Per tutti sarà necessario rinunciare ai pregiudizi di superiorità della propria disciplina sulle altre. Solo in questa maniera sarà possibile definire obiettivi da raggiungere definiti e utili per l’utente finale.
Solo in questo modo il team sarà pronto a soddisfare tutti i principi di utilità, efficienza ed efficacia, soddisfazione e accessibilità dell’utente finale.